IL PIOMBO MOBILE
In questi ultimi anni grazie allo sviluppo della tecnica di immersione con il piombo mobile sono aumentate le quote di profondità per il pescatore in apnea.
Non è tutto oro ciò che luccica perché si tratta di una pratica complicata che solo chi è preparato riesce a sfruttare al meglio, ma è anche pericolosa, soprattutto per chi vuole praticarla senza esperienza, per chi cerca le scorciatoie per la profondità, oppure per chi ama emulare i campioni. Infatti ci sono fin troppo spesso persone poco esperte che decidono di provarci, senza nemmeno sapere a cosa vanno incontro.
In questo breve articolo facciamo una sintesi di quello che si dovrebbe conoscere, di come si effettuano queste tecniche, di cosa comporta pescare con un piombo mobile.
DI COSA SI TRATTA: di solito si utilizza la tecnica di immersione tramite un piombo mobile con l'appoggio di una imbarcazione ed una persona a bordo che poi lo recupera perché in questi casi si utilizzano piombi mobili molto pesanti dai 6 ai 12 kg circa) per scendere in modo veloce e senza fatica, per cui è più facile aumentare la profondità.
Qualcuno utilizza anche sistemi più limitati e anche senza barca, ovvero piombi mobili da 3 kg per scendere e lasciarlo attaccato alla sagola della boa sospeso ad alcuni metri dal fondo e con altri 2-3 kg in cintura riescono questi ultimi metri. Poi in risalita sono avvantaggiati perché hanno meno peso avendo lasciato il piombo mobile.
PER FARE UN ESEMPIO: mi servono 5 kg di zavorra per pescare a 25 metri. Scendo con 3 kg in cintura più un peso mobile da 3 kg - quindi scendo con 6 kg invece di 5 per cui fatico meno. A 20 metri lascio il piombo da 3 kg perché ho fissato la sagola alla boa proprio a 20 metri, quindi il piombo rimane in sospeso e disturba poco il pesce. Gli ultimi 5 metri riesco a scendere anche se ho solo 3 kg in cintura, poi in risalita con i soli 3 kg nella cintura farò molta meno fatica e sarò più galleggiante negli ultimi metri.
I RISCHI: il primo riguarda il momento della discesa dove aumentando notevolmente la velocità diventa più difficile effettuare la manovra di compensazione. Quindi chi non ha pieno controllo della compensazione rischierà subito già in discesa di infiammare o rompere un timpano. Lo stesso vale per la risalita che senza zavorra sarà molto più rapida del normale e se le vie aeree del soggetto non sono libere – oppure ha compensato male, potrebbe avere difficoltà anche in questo caso. Il secondo rischio riguarda la profondità superiore raggiunta, dove l’aumento di pressione crea di conseguenza un aumento di pressione parziale dell’ossigeno per cui diventa più difficile stabilire quanta autonomia si può avere e calcolando che in risalita la pressione parziale dell’ossigeno diminuirà rapidamente, ecco che si rischia un black out per mancanza di ossigeno. Per gestire questo è necessario aumentare le quote in modo graduale come abbiamo sentito dire spesso, ovvero un poco alla volta, ma il problema è che molte persone non lo accettano e vogliono tutto e subito, per cui se si passa da una profondità abituale ad un’altra di diversi metri maggiore, ecco che si rischia davvero molto. È imprescindibile farlo un poco alla volta per capire la gestione tecnica, il limite e la reazione del nostro organismo. Il terzo rischio riguarda l’adattamento corporeo del soggetto, perché molti nemmeno ci pensano, ma l’aumento di pressione che si verifica con l’aumento della profondità, causa notevoli modificazioni fisiologiche che diventano anche pericolose. Ad esempio, quando si aumenta la profondità, sempre più sangue si sposta dalla periferia intorno alla cassa toracica (BLOOD SHIFT) per proteggerla dallo schiacciamento. In risalita poi il sangue ritorna alla periferia. Quindi in andata se l’organismo non ha elasticizzato la struttura polmonare e non si è abituato allo spostamento del sangue, con una discesa troppo rapida si rischiano complicazioni che potrebbero causare barotraumi polmonari, variazioni pressorie nel sangue, deficit nella stessa apnea. In risalita veloce, senza il necessario adattamento fisiologico, il sangue potrebbe non defluire in modo corretto e quindi si avrebbe troppa pressione esterna ai polmoni in contrapposizione con un aumento di pressione interna che di conseguenza andrebbe a causare rotture degli alveoli o importanti barotraumi polmonari con conseguenze più o meno gravi. Questo è il rischio anche di chi cerca di raggiungere profondità nettamente superiori in poco tempo anche senza piombi mobili, oppure di chi allenandosi solo in piscina a basse quote, prova poi in mare a scendere a profondità a cui non ha mai abituato l’organismo. Si tratta di un rischio frequente che viene spiegato anche a molti che poi ne rimangono vittime e come dicevamo l’errore è quello di non controllarsi e tentare qualche scorciatoia. Il quarto rischio riguarda la potenziale patologia del TARAVANA – che trattiamo in modo più completo a parte dato che è un argomento importante. Si tratta di una patologia in apnea che riguarda soprattutto chi scende in profondità o in modo molto veloce. Non va sottovalutato perché può causare paresi, black out e conseguenze gravi.
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