Una ricciola da combattimento

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Era un estate dei primi anni 90. Quel giorno le intenzioni erano molto buone come accadeva di solito, si trattava infatti di un periodo dove concentravo le mie battute di pesca sulle grosse prede. Mi alzai alle 3 del mattino per essere in acqua alle prime luci dell’alba. Ancorai il gommone a 100 metri da una punta che sprofonda nel blu con l’intento di fare aspetti proprio nel tragitto dal gommone alla punta per poi rientrare. La volta precedente ovvero solo tre giorni prima, proprio in quel tratto di mare avevo visto 2 grosse ricciole, senza riuscire a catturare niente, quindi volevo riprovare. Iniziai con molta speranza e l’acqua calda lasciava ben sperare, migliaia di piccoli pesci si muovevano a carosello restando abbastanza vicini al fondale, segno che qualche predone si aggirava nei dintorni. Tutti segnali che aumentavano le aspettative. Purtroppo dopo circa 1 ora cominciavo a perdere la speranza ed il colpo di grazia me lo dette una barca di pescatori di superficie che si erano ancorati proprio sulla punta. Ero oramai prossimo alla punta e mi domandavo se rinunciare o avanzare fino alla barca dei pescatori, correndo il rischio di discutere. Feci una rapida valutazione e mi resi conto che non mi andava di arrendermi, ma nemmeno di discutere ed allora con educazione mi avvicinai e chiesi se potevo immergermi. Il signore anziano del gruppo mi rispose in modo gentile: se t’immergi solo una volta non ci sono problemi tanto noi resteremo qui ancora a lungo, ma se hai intenzione di insistere è ovvio che ci darai fastidio. Poi noi peschiamo sul fondo che è almeno 30 metri e non credo tu possa scendere tanto e per giunta non abbiamo ancora avuto una toccata interessante! Lo ringraziai e decisi di scendere poco prima della barca, per non avere anche io il disturbo del loro ancoraggio, poi subito prima di loro c'era uno scalino netto che da 25 metri sprofonda in quasi 80 mt - un punto strategico dove per altro vedevo un muro di mangianza.  Mi preparai con la consueta calma e poi scesi sul gradino che sprofondava nel blu ad una profondità di circa 25 metri e mi posizionai proprio verso il largo. Ancora risuonavano le parole di quel signore, parole che accendevano la curiosità e lo spirito di avventura.Proprio mentre pensavo a tutto questo, qualcosa si materializzò davanti al mio fucile. Sembrava un sommergibile che compare dagli abissi come un fantasma e punta dritto verso di te con incedere costante e maestoso. Era una grossa ricciola che si avvicinava guardinga dal blu intenso, inclinandosi lentamente verso di me. Rimasi immobile anche se il cuore mi arrivò in gola, era enorme ed io mi sentivo così piccolo e disarmato. Avevo un arbalete da 100cm con asta da 6,5mm e gomme da 16mm, qualcosa che farebbe ridere i fissati della potenza al giorno d’oggi. Avevo un mio metodo di tiro sul pesce grande, ma in quei momenti che tanto aspetti, ti rendi conto che ogni volta provi le stesse sensazioni di incertezza. Aspettai ancora che si avvicinasse, mentre si inclinava verso di me con la coda più alta della testa. In quel momento mi feci piccolo e scivolai come un polpo sul nascondiglio che mi copriva alla sua visuale. Il piccolo movimento per altro ben calibrato la incuriosì ancora di più tanto che continuava ad avvicinarsi. La testa era di fatto il punto più vicino per il tiro e diventava sempre più grande aumentando quella sensazione di inferiorità. Non mi venne spontaneo mirare alla testa perché sapevo che sarebbe stato un errore. In precedenza avevo sperimentato con successo il tiro dietro il centro del pesce, che ha vantaggi e svantaggi, quindi fu l’istinto che decise in un millesimo di secondo. La ricciola grande e smaliziata si girò per allontanarsi come se avesse percepito l’istinto aggressivo ed allora senza pensare, in una frazione di tempo mi alzai lentamente cercando un migliore allineamento e mirai proprio dietro il centro del suo corpo. Il grilletto del fucile causò la rottura di quel magnifico silenzio che si era creato in quei pochi secondi che sembrano infiniti. L’asta colpì la preda proprio dove avevo mirato passando da parte a parte con un rumore cupo. Subito mi affrettai a risalire con un misto d’impazienza, voglia di respirare e paura che non bastasse la sagola del mulinello. Il pesce invece non reagì come credevo, tanto che mi venne il dubbio di averla persa dall’asta. Appena mi avvicinai alla superficie, però partì come un treno, lento ma inarrestabile.

In superficie cercavo di non dargli troppa sagola, ma lei se la prendeva senza complimenti, fino a che la bobina del mulinello restò vuota. Un vantaggio di sparare una grossa ricciola proprio dietro al centro del corpo è che si riesce sempre a passarla e non si rischia che l’asta si fermi su una zona dura. Lo svantaggio invece è che la ricciola conserva le sue forze e tirata da dietro tende ad inabissarsi. Comunque in tal modo il pesce ad ogni scodata deve spostare anche tutta la sagola che fa un bell'attrito, per cui si stanca molto prima. Mi ritrovai attaccato a quel bestione che continuava a tirare senza tregua. In quel momento il cuore era balzato in gola ed il misto tra paura ed emozione, in una lotta estenuante rese quei minuti un vero fiume di adrenalina. Ogni tanto dovevo prendere aria ed immergermi lasciandomi trascinare per qualche metro in diagonale, poi a causa dell’attrito, mollava solo per qualche attimo, tanto che io recuperavo la superficie anche se con fatica. Intanto dalla barca mi guardavano e avevano capito che era successo qualcosa di strano, ma io per il momento non li consideravo. Non mi sono mai reso conto di quanto tempo fosse passato quando mi ritrovai circa 300 metri al largo, attaccato a questo bestione che iniziava a dare segni di stanchezza. Il solo pensiero di recuperarla e poi doverla trascinare fino al mio gommone, mi metteva in angoscia, senza assistenza, senza un secondo fucile con cui tentare il colpo risolutivo. Ad un certo punto vidi  la barca dei pescatori con cui avevo parlato prima che si avvicinava. Non ebbi dubbi e fui felice di vederli arrivare. Le loro facce erano molto strane, avevo interrotto la loro pesca ed erano preoccupati o forse anche anche infastiditi. Gli gridai che avevo un grossa ricciola attaccata che mi trascinava via ed avevo bisogno di aiuto. Le facce allora cambiarono espressione mostrando un misto d’invidia e di emozione. Cosa possiamo fare? Mi chiesero. Andate veloci al mio gommone e prendete il fucile più lungo con mulinello che trovate, poi ritornate da me. Partirono subito con quella lenta barca mentre io continuavo a lottare con il pesce. Dopo poco ritornarono quindi passai a bordo il fucile collegato alla ricciola - chiedendo loro di tenerlo in trazione. Quel periodo in cui mi preparai per scendere a dare il colpo di grazia divenne un misto di affanno, di ansia di gioia. Mi sembrava di respirare adrenalina pura e non riuscivo a prepararmi. Mi concentrai sul respiro cercando di non pensare al rischio che il pesce si strappasse ma all'importanza di scendere subito per piazzare un secondo colpo. Finalmente il cuore rallentò il suo battito, quindi iniziai la discesa. Il pesce si accorse del mio arrivo e reagì ancora una volta ma aera bloccata dalla superficie e appena vidi che l’asta era saldamente ancorata alla preda, mi rilassai. L’unica paura poteva essere quella di una rottura dell’aletta o del filo, ma oramai ero a pochi metri, quindi sparai senza esitazioni il secondo colpo. Reagì immediatamente e sulla barca non se lo aspettavano quindi chi reggeva il fucile se lo vide sfuggire di mano e volare sott'acqua. Comunque io avevo il controllo con il secondo fucile, ma appena riemerso vidi la disperazione nei loro volti. Li rassicurai che comunque avevo il controllo ma li feci venire subito a reggere il secondo fucile perchè volevo immediatamente andare a riprendere l'altro che vedevo galleggiare a mezz'acqua. In barca l’emozione saliva alle stelle e sembrava di avere il tifo in diretta, poi quando riemersi anche con l'altro fucile ci fu un urlo di gioia, Gli passai anche il secondo fucile dicendo di tirare verso la superficie con entrambi i fucili. Appena riuscii ad avvicinarmi al pesce, cercai subito le branchie, un punto strategico dove afferrarla. Appena mi riuscì infilare la mano destra dentro la branchia ed afferrare la parte rigida, la ricciola s’immobilizzò anche se oramai era sfinita. Questa volta tornai in superficie scatenando lo stupore generale dei componenti della barca, diventati i miei sostenitori e complici di una avventura. La issarono a bordo quasi litigando tra di loro per averne l'onore e per alcuni minuti rimasero a contemplare quel magnifico pesce, mentre io recuperavo i fucili e salivo a bordo. Mi portarono al gommone e mi fecero centinaia di domande, mentre io ringraziavo loro dell’assistenza. Peccato che a quei tempi nessuno aveva fotocamere o telefoni in grado di scattare foto.  Poco dopo mi ritrovai da solo con quel magnifico esemplare che occupava tutto lo spazio libero del mio gommone. Ero talmente esausto ed emozionato che non riuscivo a fare niente. Presi il mio accappatoio e senza rimorsi lo bagnai coprendo la mia preda con cura, in un gesto di naturale rispetto. Ero esausto ma soddisfatto, mi tolsi la muta che erano solo le 7 del mattino, quindi ripresi la strada per rientrare a casa. Mi resi subito conto che quell’avventura durata 20 minuti avrebbe arricchito la mia vita più di mesi e mesi di vita senza emozioni. In quel momento avevo capito più che mai di quanto è importante perseverare e fare ciò che sentiamo dentro senza arrendersi a quei piccoli segnali di fatica o di mancanza di fiducia. Da allora sono diventato uno che non molla mai. La ricciola era 42 kg la più grande che avevo catturato fino a quel momento. 

 

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